Presentazione del Libro "L'indiano ed il bambino che imparó ad amare " di Francesco Comina
Fiaba dedicata a Luis Spulveda, Ágnes Heller ed ancora alla memoria di Chico Mendes e di Berta Caceres
Questa fiaba racconta l’innocenza. Quella che non ha età, non ha confini, non ha gabbie etniche e religiose. Quella dei bambini, che ancora vedono il volto altrui come riflesso di un sentimento di simpatia, di empatia, di nostalgia dell’altro che dorme come una promessa nel profondo di noi stessi.
Insomma, questa fiaba racconta lo stupore che muove l’uomo alla ricerca del suo simile e la gioia di conoscerlo senza preconcetti e pregiudizi.
Dialogo dell´autore Francesco Comina con Christian Troger
Intervento del pittore e illustratore Giuliano Salvaterra
Sará presente Raniero La Valle
Inizio ore18.00
Il libro é dedicato al romanziere cileno Luis Sepulveda, alla celebre pensatrice ungherese Ágnes Heller ed ancora alla memoria di Chico Mendes e di Berta Caceres, l'ambientalista uccisa in Honduras il 3 marzo del 2016, il nuovo libro dello scrittore bolzanino Francesco Comina.
L'ispirazione di Sepulveda si sente sin dal titolo di questo racconto fiabesco: "L'indiano e il bambino che imparò ad amare" (Gabrielli editori, pp. 103, luglio 2020). È una favola moderna, un racconto che vede come protagonisti, Matteo, un bambino timido dal viso squadrato ma dalla grande volontà di conoscere e Bep, un indiano Kayapò arrivato in una valle chiusa del Sudtirolo per amore. E poi c'è Ingrid, la figlia del farmacista del paese, una ragazzina audace, coraggiosa e ferma nelle sue idee che accompagna Matteo alla ricerca dell'indiano su cui girano infinite malelingue.
Il libro è accompagnato dai disegni del pittore bolzanino, Giuliano Salvaterra, uno "Chagall" contemporaneo, autore di numerosi quadri che raccontano vicende della Bibbia e vicende della storia.
Uno strano personaggio si aggira nei vicoli del paese e sui sentieri di una vallata ai piedi dello Sciliar in Alto Adige. Nessuno l’ha mai conosciuto ma tutti lo chiamano così: “l’indiano”. Circolano brutte storie sul suo conto. Matteo lo incontra, casualmente, durante una passeggiata nel bosco. Ha paura, si nasconde dietro un cespuglio mentre l’indiano danza e sussurra strane parole al vento. Improvvisamente il bosco si anima di fantasmi: indiani coi coltelli, serpenti verdi, donne che danzano. Matteo fugge a perdifiato sotto una pioggia battente. Ma da quel momento la vita cambia. La paura lo spinge alla ricerca della verità. Matteo vuole sapere chi è davvero l’indiano dai lunghi capelli bianchi che porta tatuato sul polpaccio un serpente infuocato con una scritta in spagnolo: Dios no mata. Insieme alla bella e coraggiosa Ingrid, che quando bacia fa venire le vertigini, decide di salire al maso dove vive l’indiano per saperne di più. E qui, nella casa costruita sull’albero piena di poesia, biglietti e memorie (l’amata Rosa, il vecchio menestrello Jakob Ziller, passato per il campo di concentramento di Dachau) avvengono cose talmente portentose da sorprendere il lettore.